E' da un po' che questo blog è stato aperto, e stavo aspettando il momento giusto per iniziare al meglio questo nuovo progetto editoriale che unisce le mie più grandi passioni:
il femminile e il mio amato Abruzzo. L'Abruzzo è la culla di tantissime donne forti di cui vale davvero la pena conoscere e scoprire. Quindi voglio iniziare parlando di
Francesca.
Ho conosciuto Francesca via Facebook, avevo notato il suo progetto teatrale "Maja" nella mia bacheca e capii subito che poteva essere la mia prima storia per questo progetto.
Le mandai un messaggio su Messenger, chiedendole un incontro ed un eventuale intervista. Era in partenza per Milano, per portare Maja fuori regione. Ancora più interessante! Ma ancora più interessante è trovare
poi un suo messaggio, giorni dopo, chiedendomi quindi questo incontro.
Ci incontrammo di primo pomeriggio, alla mia solita caffetteria a Pescara dove scrivo, leggo, conosco persone speciali come lei. Stupenda.
Ci sediamo, entrambe reduci da km e km di bicicletta e senza nemmeno che ce ne accorgessimo mi iniziò a parlare di un mondo che ho sempre conosciuto ma che spesso mi dimentico di avere dentro di me: il mondo della montagna, l'essere donna di montagna ma, soprattutto, una donna della Majella.
La Majella è una montagna a noi molto cara: c'è una storia dietro, affascinante tanto quanto triste, della Principessa Maja che attraversa il mondo per raggiungere l'Abruzzo esclusivamente per salvare la vita al proprio figlio che, alla fine, morì. Tutte noi siamo figlie di quella principessa che ci ha conferito forza e volontà di ferro contro ogni avversità. Esattamente come le donne dello spettacolo "Maja", personificate tutte da Francesca, attrice e regista di 28 anni di Caramanico Terme che dopo tante peripezie nella grande capitale italiana, è stata riportata in Abruzzo per puro caso (o destino?) in un paesino dove iniziò la sua avventura.
"Ho studiato all'università La Sapienza nella facoltà di Arte e Scienze dello Spettacolo, e ho fatto anche una scuola di recitazione ma improntata sulla fiction televisiva" inizia a raccontarsi Francesca, dopo aver ordinato un caffè americano, come il mio. "Era una scuola rinomata, ma a me non piaceva. Ho anche partecipato a degli spettacoli con loro, ma non faceva esattamente a caso mio. Sicuramente iniziai a capire cosa non mi piaceva fare e cosa non andava fatto in scena. Fortunatamente ne sono sempre uscita con critiche molto positive.
Dopo varie esperienze nella capitale mi è stato proposto uno stage con una compagnia proprio in un paesino abruzzese, Paglieta in provincia di Chieti, insieme alla compagnia teatrale Me-tì, e li ho imparato molto più di qualsiasi altra scuola romana. L'Abruzzo mi ha rivoluta con se e io ho accettato!"
"Quindi era in quel periodo che hai iniziato ad ideare questo spettacolo? C'è stato un momento in cui hai pensato 'ok, lo faccio!'? " domandai.
"Sicuramente accadde quando perdetti entrambe le mie nonne. Loro erano davvero donne forti, donne contadine di montagna. Quando ho perso loro sentivo il bisogno di mettere in arte le mie radici abruzzesi. Ho sentito un vuoto che dovevo colmare in qualche modo. Così iniziai a cercare storie... Non hai idea di quanti anziani di 80 e 90 anni abbiano ancora una memoria di ferro! Ho sentito tantissime storie diverse, tutte bellissime. Mi hanno riportato in quell'epoca di assoluta povertà, la vita del contadino scandita dalla luce del sole e dalle stagioni. Andando avanti, e girovagando per l'Abruzzo, trovai però un leitmotiv: in ogni storia c'era una donna importante."
"Ed ecco arrivate al dunque!!"
"Esattamente. Nelle storie c'era sempre una donna lasciata, una donna amata, una moglie, amante, madre. Donne forti, che hanno combattuto contro la fame, la povertà e perchè no, anche da un sistema maschilista che però all'epoca era normalità"
"Cosa pensi delle ragazze di oggi? Pensi che possano apprezzare i privilegi che in un certo senso abbiamo conquistato?" chiedo.
"Non tutte in realtà. Ultimamente ho fatto uno spettacolo a una scuola superiore qui a Pescara, l'istituto Marconi, e le ragazzine sono rimaste molto colpite dallo spettacolo: hanno avuto come dei dejavù nel ripensare alle storie tipiche delle loro nonne abruzzesi, altre addirittura non avevano idea che tutte quelle storie fossero vere"
"Sicuramente è molto importante far ricordare non solo alle ragazze ma a tutti gli adolescenti quanto fosse dura la vita delle donne e degli uomini nel secolo scorso... oggi la vita sicuramente non è facile ma sicuramente è stata semplificata e questo anche grazie alle nostre nonne e madri che si sono emancipate..."
"Assolutamente! Anche se per esempio ancora oggi è difficile per una donna attrice "emanciparsi" e poter essere sola sulla scena! Stiamo aumentando di numero, però non è facile, ci sta sempre un senso di inferiorità che ci impedisce di esprimerci. Anche nella regia la situazione è analoga: basti pensare a quanti registi uomini ci sono rispetto alle donne. Ho fatto la regia per alcuni spettacoli e la differenza fra uomo e donna è visibile: l'uomo è più aggressivo, gestisce il tutto con un energia diversa, un po' come se fosse il capo che da ordini. La donna è più accogliente ed è molto intuitiva, riesce a capire il mood della situazione, quando nella compagnia c'è "la bua" oppure "la peste".. e riesce a curarla! Diciamo che è un po' come una gravidanza, dove la donna gestisce l'attesa per mesi e successivamente c'è il parto della sua creatura artistica..."
"Ottima metafora! Mi piace molto... Creare è un qualcosa che noi donne abbiamo nel nostro essere... anche se alla fine tutti possiamo fare tutto! Ecco, a proposito, cosa pensi del "gender"?
"Credo che sia le donne che gli uomini siano in maniera innata portati a fare qualcosa meglio dell'altro. Ma può capitare anche il contrario. Le donne del mio spettacolo si occupavano anche di mansioni prettamente maschili e se la cavarono alla grande! Anche per quanto riguarda l'espressione 'prima donna'... ti assicuro che lo è più il mio compagno di teatro che io!"
"Ci sono donne nel tuo spettacolo più emancipate delle altre?"
"Tutte a modo loro lo erano. Erano donne forti e indipendenti, che sono riuscite a sfamare e crescere i loro figli anche senza l'aiuto di nessuno. Facevano ciò che andava fatto, senza farsi pubblicità e senza sentirsi speciali anche se lo erano. Siamo sempre state forti, solo che ora abbiamo i mezzi per poter farlo notare al mondo."
Io e Francesca abbiamo parlato tantissimo e il tempo volò.
Ci salutammo promettendoci di vederci in qualche altro suo spettacolo qui in Abruzzo.
Sono felice di averla conosciuta, le sue parole e il suo spettacolo mi hanno dato molto su cui riflettere.
E' fondamentale ricordare a tutte noi di quanto le cose siano cambiate nel giro di un secolo, di quante battaglie noi donne abbiamo vinto e di quanto siamo riuscite a migliorare le nostre vite.
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Non è importante etichettarsi femministe o far parte di un qualche movimento.
Eravamo, siamo e saremo donne.
Se fai ciò che va fatto, come crescere un bambino, fare carriera o anche solo aspettare tuo marito, e se soprattutto, tutto ciò ti rende felice, non solo questo ti rende femminista, ma soprattutto donna.