venerdì 25 maggio 2018

Quando un uomo che commette un femminicidio diventa un "uomo che lotta".

 E' tristemente noto a tutti quello che è successo il 20 Maggio, al km 389 della A14, in prossimità di Francavilla al Mare.

Filippone e la moglie uccisa
Un uomo, Fausto Filippone, dirigente di un azienda abbastanza conosciuta in Abruzzo, dopo 7 ore aggrappato alla rete di protezione e con i piedi appoggiati ad una soletta di cemento, si suicida in seguito all'omicidio della figlia Ludovica, uccidendola gettandola dallo stesso cavalcavia.

Successivamente si scopre che la compagna (che si trasforma in poche ore in moglie) era morta la mattina stessa, "caduta" dal balcone della sua abitazione, terzo piano.

Se n'è parlato, discusso, ma soprattutto scritto su questa faccenda, ed è giusto che sia così, ma quello che a me interessa qui ed ora è il come: nello sciacallaggio giornalistico, Filippone è un uomo distrutto dal dolore, che stava combattendo una battaglia, una vita fatta di difficoltà e da una frana di morti (a partire anche dalla madre, morta qualche giorno prima), che ha ucciso la figlia perchè "povera piccola come poteva vivere senza i genitori". 

Le ore passavano, la tragedia si è consumata, ma le indagini procedevano.

Ed ecco che la storia si ripete: Filippone non è una vittima, bensì un carnefice.
Le indagini finalmente scoprono che la moglie, Marina Angrilli, 52 anni, professoressa di Lettere di un liceo scientifico di Pescara, non sia caduta involontariamente da quel balcone, bensì che sia stata spinta, e molto probabilmente dal marito.

Siamo nel 2018, e ci sono ancora giornali ed opinionisti che chiamano questo gesto "atto di follia", "ultima battaglia di uomo in difficoltà" Basta!!

Iniziamo a chiamare le cose con il loro nome: è stato un FEMMINICIDIO.

E non solo c'è il dolore della gravità del gesto di per se, ma c'è qualcosa di ancora più grave.
Ho il terrore di come l'informazione, che dovrebbe essere limpida, pulita, pura, è così inesorabilmente macchiata da tanta misoginia, bigottismo e maschilismo subdolo, che rende la nostra battaglia ancora più difficile da combattere, perchè ostacolate nell'individuarla.

 "...L’epilogo della tremenda battaglia di un pover’uomo. Il cielo sopra, immenso e muto. Eppure, ne sei certa, una misericordia immensa ora abbraccia quel soldato travolto e caduto". Scrive L'Avvenire.

E allora li che sale la rabbia, la delusione, il terrore. Ma quale battaglia? Quale soldato? Travolto da cosa....? Le uniche persone travolte sono quelle due donne, figlia e moglie, che hanno dovuto subire tanta violenza, e non vengono nemmeno appropriatamente ricordate per quello che sono: vittime di un femminicidio.

La polizia ha dichiarato che in quelle 7 ore di attesa, Fausto ha chiesto innumerevoli volte scusa.

Ma le scuse non servono più, non ci bastano più. 

Benedetta La Penna.




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